Secondo la Cassazione, ai fini della configurabilità del reato di diffamazione, «si deve tener conto del complessivo contesto dialettico in cui si realizza la condotta e verificare se i toni utilizzati dall’agente, se pur aspri, forti e sferzanti non siano meramente gratuiti e immotivatamente aggressivi dell’altrui reputazione, ma siano invece pertinenti al tema in discussione e proporzionati al fatto narrato ed al concetto da esprimere».
Cass. pen. sez. V, ud. 20 giugno 2023 (dep. 20 luglio 2023), n. 31729